Coronavirus: da tabaccai a poste e trasporti, gli “esclusi” dalla stretta del governo

A partire da domani entrerà in vigore il nuovo decreto del governo annunciato ieri dal premier Conte che conterrà nuove misure restrittive per le attività produttive presenti sul territorio nazionale.

La stretta che durerà fino al 3 aprile mira a rallentare il motore dell’Italia chiudendo tutte quelle attività ritenute non necessarie. In attesa della pubblicazione del decreto ufficiale stanno circolando una lista di tutte quelle attività che saranno escluse dal provvedimento e che quindi continueranno a svolgere il proprio lavoro.

In ambito delle aziende resteranno aperte tutte quelle ritenute essenziali e quindi legate al settore alimentare, farmaceutico, biomedicale e a quello dei trasporti. Riduzione drastica invece delle attività della pubblica amministrazione ad eccezione di quelle legate a sanità, difesa e istruzione.

A riguardo il comparto industriale resteranno aperte le fabbriche di bevande, le industrie alimentari, la filiera agro-alimentare e zootecnica, l’industria tessile solo legata strettamente agli indumenti di lavoro. Le produzioni gomma, materie plastiche e prodotti chimici non saranno interrotte, così come la fabbricazione della carta e raffinerie petrolifere.

Continueranno ad operare anche edicole e tabaccai ritenute attività importanti. Salve anche le attività legate all’idraulica, elettronica e riscaldamento così come quelle attive nella riparazione di macchinari industriali.

Non saranno inclusi nel decreto il trasporto ferroviario di passeggeri (interurbano), il trasporto ferroviario di merci, il trasporto terrestre di passeggeri in aree urbane e suburbane, i taxi e gli Ncc, gli autotrasportatori, il trasporto marittimo e quello aereo.

Aperti anche banche, uffici postali e assicurativi. Si tratta di un provvedimento che come detto resterà in vigore fino al 3 aprile ed è volto a ridurre ancora di più gli spostamenti per cercare di arginare la diffusione del coronavirus.

Un decreto giunto dopo ore di colloqui anche con le principali sigle sindacali che hanno accolto con favore la decisione perché era giusto arrivare a tutelare anche le migliaia di lavoratori che stavano continuando a lavorare in condizioni non di sicurezza.

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